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sabato 7 luglio 2012

L’Africa nel pallone

Il calcio in Africa non è solo sport e divertimento. È anche, e soprattutto, una prospettiva diversa da cui vedere, o immaginare, il proprio futuro. È seguendo questo miraggio che milioni di giovani africani si danno appuntamento ogni giorno in campi polverosi e pieni di buche. Indossano scarpini sfondati e magliette sdrucite.

Rincorrono palloni malconci e inseguono sogni di gloria. I riflettori dei media sono tutti puntati sulle stelle del calcio, dal camerunense Samuel Eto’o all’ivoriano Didier Drogba. La popolarità dei grandi campioni è tale da oscurare quella dei leader politici, ben oltre la conclusione delle carriere sportive. In Camerun negli uffici governativi, sopra i ritratti ufficiali del presidente, campeggiano ancora le foto di Thomas N’Kono (indimenticato portiere degli anni Settanta e Ottanta) e Roger Milla (il cannoniere più longevo della Coppa del Mondo). In ogni abitazione della Liberia spicca un poster di George Weah, primo pallone d’oro africano, emblema vivente di uno sport che sa ancora infiammare l’orgoglio nazionale.  Dal Cairo a Città del Capo, le partite che contano finiscono per paralizzare interi Paesi. Gli stadi e le tv sono presi d’assalto dai tifosi. E i radiocronisti, con le loro voci gracchianti e ispirate, raccontano imprese eroiche e disfatte colossali, regalando brividi ed emozioni anche nei villaggi più sperduti.

Una passione, quella degli africani per il calcio, inversamente proporzionale ai soldi che ci possono investire. Basti pensare che una sola partita di Champions del Barcellona vale, in termini economici, più di tutte le competizioni ufficiali organizzate in un anno nel continente.

Una situazione che spinge i cacciatori di teste dei ricchi club europei ad andare in Africa a fare acquisti. Uno shopping che ormai si è trasformato in saccheggio di giovani talenti. E così anche il football è colpito da quella sorta di maledizione plurisecolare che si è abbattuta sul continente africano, condannandolo alla vendita all’estero delle proprie materie prime, senza poterle ‘sfruttare’ in loco. Minerali, legname pregiato, diamanti, petrolio… e ora anche calciatori.

Le famiglie pagano pseudo procuratori per esportare i loro figli in Europa, senza sapere che molti di loro poi si ritroveranno soli e senza ingaggio in una periferia del Nord del mondo.

Oggi il calcio africano è una miniera d’oro che sforna campioni e favole sportive. Ma anche delusioni e spietati fallimenti.

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