"Baggio era magico"
Calcio, passeggiate e ramino. Carlo Mazzone si gode la pensione ad Ascoli Piceno, la sua seconda città, rispettando un rituale quotidiano: giornali e televisione per seguire il calcio, un’ora di passeggiata per la salute, ramino o scala quaranta nel circolo cittadino per rilassarsi. In questi giorni in cui si è tornato a parlare di Roberto Baggio, Mazzone ha seguito con attenzione le celebrazioni del suo giocatore più amato. Il rapporto tra l’anziano maestro che all’età di 63 anni, nel 2000, si ritrovò ad allenare uno dei più grandi calciatori italiani di tutti i tempi è una bella storia di calcio e di vita. "Sono contento che si sia tornato a parlare di lui. È giusto riflettere sulla sua storia perché può servire da lezione per non ripetere errori clamorosi. Ahò, ma vi siete dimenticati che Roberto Baggio era stato emarginato dal calcio italiano? Ora si sono fatte vive persone che all’epoca non lo trattarono bene. Mah, lasciamo stare, non voglio fare polemiche. Parliamo di Roberto".
Partiamo dall’emarginazione.
"Un giorno dell’estate 2000 apro il giornale e leggo che la Reggina sta trattando Baggio. Telefono a Cesare Metori, un amico di Roberto, una cara persona che non c’è più e gli chiedo: "È vero che Baggio può andare a Reggio Calabria? Ti chiedo un piacere, chiamalo e fammi parlare con lui". Baggio mi disse che era tutto vero. Mi confidò che non era convinto perché non voleva allontanarsi dalla famiglia. Io colsi al volo l’opportunità e gli chiesi 'Ti piacerebbe giocare a Brescia?'. Roberto mi rispose 'Magari'. Saltai in macchina, andai nell’ufficio del presidente Corioni e gli proposi 'Perché non portiamo Baggio a Brescia?'. Corioni ci pensò un attimo e rispose 'Baggio è come il cacio sugli spaghetti. Il nostro sponsor ha bisogno di un testimonial importante'. Roberto stava allenandosi a Caldogno, con il suo preparatore personale. Faceva l’uno contro uno a centrocampo e vinceva sempre Roberto, naturalmente. Mi raccontò 'Dribblo il mio preparatore e davanti ho il deserto'. Questa è la storia dell’emarginazione di Roberto Baggio".
Perché fu emarginato?
"Dicevano che era rotto. Da anni Roberto aveva un ginocchio che lo faceva tribolare, ma si curava. Si presentava agli allenamenti un’ora prima per fare fisioterapia e potenziamento ed era l’ultimo ad abbandonare il campo. Un paio di allenatori importanti gli avevano fatto terra bruciata. Cattiverie".
"Dicevano che era rotto. Da anni Roberto aveva un ginocchio che lo faceva tribolare, ma si curava. Si presentava agli allenamenti un’ora prima per fare fisioterapia e potenziamento ed era l’ultimo ad abbandonare il campo. Un paio di allenatori importanti gli avevano fatto terra bruciata. Cattiverie".
Che cosa ha rappresentato Baggio nella carriera di Mazzone?
"Mi ha reso bello il finale. Sono stato un allenatore fortunato: vivere il tramonto della mia professione con lui è stata una grande esperienza".
"Mi ha reso bello il finale. Sono stato un allenatore fortunato: vivere il tramonto della mia professione con lui è stata una grande esperienza".
È stato difficile gestirlo?
"Gestire Roberto Baggio è stato una passeggiata. Era un amico che mi faceva vincere la domenica".
"Gestire Roberto Baggio è stato una passeggiata. Era un amico che mi faceva vincere la domenica".
Come si comportava negli allenamenti?
"Faceva un lavoro mirato dal punto di vista fisico, poi si univa al gruppo e le partitelle diventavano poesia. Si metteva al servizio della squadra, ma con un tocco illuminava la scena".
"Faceva un lavoro mirato dal punto di vista fisico, poi si univa al gruppo e le partitelle diventavano poesia. Si metteva al servizio della squadra, ma con un tocco illuminava la scena".
Il Baggio dietro le quinte?
"Silenzioso, educato, rispettoso. Non ha mai fatto pesare la sua grandezza".
I ricordi più belli?
"Se parliamo di gol, quello alla Juventus, a Torino. Controllò un lancio lungo, dribblò Van der Sar e infilò il pallone in porta".
Mai litigato o discusso con Baggio?
"Mai. Era puntuale, serio e la domenica mi faceva vincere. C’era un patto con lui. Non mi piaceva che quando si andava in trasferta i tifosi invadevano l’albergo e lui non aveva un attimo di respiro. Un giorno gli dissi 'Quando sei stanco di firmare autografi, ti tocchi la testa e io intervengo'. Ma lui non si toccava mai la testa e allora sbottai 'Aho, ma non ce l’hai una testa?'. Lui mi rispose 'Mister, come posso deludere gente che ha fatto centinaia di chilometri per incontrarmi?'".
Mai parlato della fede buddista di Baggio?
"Mai. Ho sempre rispettato le scelte private dei giocatori".
Baggio è stato il miglior calciatore italiano di tutti i tempi?
"È stato uno dei più grandi. Ma è stato più grande come uomo. L’uomo supera il giocatore".
Stefano Boldrini© RIPRODUZIONE RISERVATA
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