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sabato 28 giugno 2014

La rivincita di Julio Cesar

Due anni fa se n’era andato in lacrime dall’Italia, acclamato da San Siro dopo essere stato gradualmente accantonato dall’Inter. Il suo discorso al centro del campo assomigliava molto a un passo d’addio, almeno dal grande calcio, come confermato dalle grigie prestazioni col QPR in Premier League e dal successivo trasferimento a Toronto in MLS. Ma Julio Cesar aveva un conto in sospeso con se stesso, con il Brasile e con i brasiliani. La sua formidabile carriera non poteva finire così. DA PORT ELIZABETH A BELO HORIZONTE – Dopo la vittoria sul Cile non ha saputo trattenere le lacrime, come quella sera di agosto del 2012 al Meazza. E come quattro anni fa a Port Elizabeth. Allora una sua uscita balorda, unita all’espulsione di Felipe Melo, aveva condannato la Seleçao all’eliminazione dal mondiale sudafricano contro l’Olanda (1-2). Non se lo era mai perdonato, perché sapeva che quel Brasile aveva qualità enormi e stava crescendo costantemente. Il titolo mondiale non era utopia ma il suo errore aveva ucciso i sogni del ct Dunga e di una nazione intera. Al ritorno a Rio de Janeiro i suoi connazionali lo avevano comunque applaudito e lui aveva pianto proprio come gli era già successo a fine partita. E come ha fatto anche a Belo Horizonte, dopo aver spinto il Brasile nei quarti di questo Mondiale con tre parate fantastiche. Prima in partita, in controtempo, su Aranguiz. E poi ai rigori, con lucidità e conoscenza dei tiratori Pinilla e Sanchez. Una prodezza che ne ha ricordate altre con la maglia dell’Inter, come quella su Ronaldinho nel derby del febbraio 2010. L’ENNESIMA RINASCITA – Dopo quattro partite sofferte e contraddittorie della Seleçao, rappresenta per ora l’unica scelta vincente di Scolari. Nonostante due stagioni tormentate a livello di club, il ct ha puntato su di lui e ha totalmente ignorato Diego Alves del Valencia, miglior portiere brasiliano d’Europa e miglior pararigori della Liga. Julio Cesar, già protagonista l’anno scorso in Confederations Cup, si è sentito motivato e responsabilizzato, un po’ come gli accadde dopo il discorso molto meno conciliante di José Mourinho nel 2010. L’anno del Triplete, caratterizzato da prestazioni superbe, qualche errore e un enorme spavento. Era passato solo un mese dal derby vinto in 9 con rigore parato a Dinho e, a tre giorni dall’andata degli ottavi di Champions col Chelsea, il portiere venne coinvolto in un grave incidente stradale. Rischiò seriamente di saltare quella partita ma, un po’ ammaccato, alla fine giocò. Seguirono prestazioni sempre meno rassicuranti. In quelle settimane Mou lo prese da parte e gli disse: “Il titolare sei tu, ma non prendiamoci in giro. Se ci fosse un secondo affidabile (Toldo naturalmente non era in quella stanza… ndr) avresti perso il posto da un pezzo…” Fu la svolta, cui seguirono le parate da Champions su Messi al Camp Nou in semifinale e su Robben in finale. Qualche settimana dopo il Brasile sarebbe affondato a Port Elizabeth. Sono serviti quattro anni per rinascere ancora. Con l’aiuto dei pali, certo, su Pinilla al 119′ e sul rigore decisivo di Jara. Ma anche con cuore, coraggio e dedizione. E tante lacrime. Fonte: http://callecenter.sportmediaset.it/2014/06/28/la-rivincita-di-julio-cesar/

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